Intervista al Direttore Sportivo Federico Bosio

– a cura di Federico Medana –

Dopo lo stop dei vari campionati a causa dell’emergenza sanitaria, è arrivato il momento di tirare le somme anche con il DS Federico Bosio.

Questo periodo di quarantena come lo stai trascorrendo personalmente?

Ho smesso di lavorare il 10 marzo e poi ho ripreso martedì. In questo mese sono stato a casa con la mia famiglia e ho riscoperto i valori antichi che prima, a causa del lavoro, avevo dimenticato. Ora riesco godermi molto di più mia figlia.

Secondo te “il movimento cestistico” quanto perderà a causa di questo stop? Anche nel mondo professionistico e non solo dilettantistico.

Credo tanto. Lo sport è come se fosse una piramide: in cima ci sono i giocatori bravi, i professionisti, ma che senza una base, formata dai dilettanti, questi fuoriclasse in cima non ci sarebbero. Il problema di questo periodo è che vengono negate risorse ai settori giovanili, ovvero far sì che i ragazzini vengano messi in mostra. Un’altra parte del problema sono le sponsorizzazioni: giustamente ora stanno facendo beneficenza e senza gli sponsor tutto il movimento dilettantistico cade terribilmente, perché ogni società ha dei costi che possono anche essere alti e c’è il rischio che qualche società il prossimo anno non riesca a iscriversi al campionato.

Nel nostro campionato cosa decideranno di fare? Lasceranno immutate le posizioni o si deciderà a tavolino chi viene promosso o chi viene retrocesso?

È prematuro fare ipotesi. Altri sport come la pallavolo hanno deciso di non assegnare il titolo, ma di mantenere le attuali posizioni. Nel basket ci sono squadre che hanno speso soldi per poter salire di categoria e se decidessero di mantenere invariati i vari campionati, ci sarà sicuramente qualche presidente scontento. Secondo me bisogna ripartire con queste posizioni, tenere il buono che è stato fatto e correggere i problemi. È una sorta di anno zero per tutti, quindi bisogna resettare tutto ed è il momento giusto per farlo.

Tornando al basket giocato, la Virtus era in un buon momento di forma con buone prestazioni contro Mondovì, Atlavir e Savigliano. Sei d’accordo?

Assolutamente si. Era un periodo che stava dando i suoi frutti; i giovani iniziavano ad accumulare esperienza sia a livello caratteriale che logistico perché stavano giocando anche il campionato di U20. All’inizio è stato un impatto molto duro e lo sapevamo, ma i ragazzi nell’ultimo periodo iniziavano anche a divertirsi ed è molto importante, al di la che si vinca o si perda.

Nella prima parte del campionato si poteva fare e dare di più in termini di prestazione? Ad esempio nell’andata contro Mondovì e Savigliano.

Contro il Savigliano è stato un nostro “suicidio”. Avevamo la palla a nostro favore ed è stata una sconfitta che brucia ancora oggi, ma sono situazioni che ti permettono di maturare; invece contro il Mondovì abbiamo preso abbastanza schiaffi, sotto tutti i punti di vista: tattico e tecnico; eravamo sotto di venti punti, poi sopra di quattro e alla fine siamo rimasti a mani vuote.

Dal tuo punto di vista in partita i senior aiutavano i ragazzi dell’U20? Davano a loro i giusti consigli?

A causa di impegni lavorativi e famigliari ho visto poco quest’anno, ma per quello che ho visto in alcune partite c’è stato un giusto equilibrio tra senior e ragazzi U20. Comunque è un percorso in continua evoluzione. I senior sono “vecchi” nel basket, ma fuori sono ancora giovani quindi non c’è tutta questa differenza, ma possono sempre migliorare.

Al momento ricopri il ruolo di direttore sportivo e anche il ruolo di vice coach. Qual è la differenza tra i due ruoli e qual è il più difficile?

Fare il DS è molto difficile perché la figura del DS è colui che sceglie i giocatori da portare al coach; trovare i senior per questa stagione è stato davvero difficile: ad agosto tutte le squadre erano già pronte e per fortuna abbiamo riconfermato Ares Fiore e poi abbiamo preso Matteo Bernabei. Per fare il direttore sportivo bisogna crearsi delle conoscenze con altri direttori di altre società che ti permette di sapere determinate cose sui vari giocatori che vogliono lasciare la propria squadra ed è un lavoro che si fa h24. Poi sono fortunato a lavorare con Andrea Dematteis con la quale da molti anni si è creata la giusta alchimia. Invece il ruolo da vice è più semplice, si hanno meno rischi e durante il match cerco di fare il match analyst in diretta per il coach per dargli i giusti consigli.

Nei tuoi anni da DS, qual è il giocatore che hai portato alla Virtus che ti ha reso più orgoglioso?

Al primo anno che ho seguito personalmente il mercato, a Fossano è approdato Davide Cantarelli che è stato con noi per ben nove anni. Fu una cosa carina, mi confrontai con il suo procuratore ed è stato un bel colpo portarlo alla Virtus. Cantarelli nel tempo ha portato nello staff della Virtus suo papà Mario che negli anni ha seguito la squadra come dirigente e accompagnatore. E’ stato un onore e un privilegio aver avuto modo di frequentarlo; per me quindi è una doppia soddisfazione quella della “prima trattativa” in cui ho portato Davide a Fossano. Se dovessi sceglierne uno farei torto a qualcuno, ma per citare qualche nome dico oltre a Cantarelli, Maffeo, De Simone, Milone e Johnson. Sono anche soddisfatto che grandi giocatori provenuti dal settore giovanile, si siano confermati in prima squadra come Andrea Trapanotto, Alessandro Panero e Mohamed Ait Ouchane, ma che per motivi di lavoro o di studio non sono più riusciti a tenere il livello della Serie C Silver.

Qual è stata la stagione più bella che hai fatto da quando sei nella Virtus?

C’è stato un triennio di vittorie, di crescita umana che va dal 2012 al 2015 che mi è rimasta più a cuore. Abbiamo giocato contro corazzate e anche gli allenamenti sono stati fatti con persone molto competenti. Nel primo anno abbiamo perso la semifinale contro Serravalle in C Silver, nel secondo abbiamo perso la finale sempre contro il Serravalle, sempre in C Silver e l’anno successivo abbiamo vinto il campionato perdendo solo una partita contro Carmagnola, ma la federazione ci impose di giocare contro Borgomanero al meglio delle tre e vincemmo le due gare casalinghe, andando poi in C Gold.

Quanto è difficile combinare lavoro e basket per te? 

Molto. È stato più semplice quando non ero ancora padre. Ora con il lavoro e la figlia è più complicato. Mi manca molto il campo in settimana e allenare la squadra da coach. Fare il DS è bello, ma stare nel rettangolo di gioco lo è ancora di più. Spero che il tempo sia galantuomo e quando mia figlia crescerà, spero di avere più tempo per il basket.