Intervista a Bruno Cravero

– a cura di Federico Medana –

Oggi è il turno di Bruno Cravero, capitano del Basket Fossano. Bruno fino al 2012 è stato nel mondo del pallone a spicchi come dirigente del Bra femminile; a Fossano ha giocato più o meno dal 1988 alla stagione 1993/1994, vincendo due campionati in quattro anni. In mezzo ha giocato con l’Abet Bra con un accordo di massima col Presidente Riccardo Bigone.

Quali sono i ricordi più belli che hai con la maglia del Basket Fossano?

“Assolutamente i due campionati vinti in quattro anni con la maglia del Basket Fossano. Il primo anno abbiamo sfiorato la promozione in Serie D, perdendo la semifinale o finale contro il Saluzzo; il secondo anno abbiamo vinto il campionato di Promozione e siamo saliti in D, vincendo la finale contro il Cuneo; al terzo anno ci siamo piazzati a metà classifica e al quarto anno abbiamo vinto il campionato e siamo saliti in Serie C Nazionale. L’ultimo anno l’ho giocato nel 1994 a Bra e mi sono ritirato all’età di 30 anni”.

Quali sono i ricordi più belli fuori dal campo?

“Ne ho tantissimi. Avevo un bellissimo rapporto con Diego Arese, è sempre stato onesto, una brava persona; il gruppo era fantastico, spettacolare, eravamo tutti giocatori di categoria superiore e, prima di essere compagni, ci conoscevamo come avversari. Ricordo quando eravamo in C2 che la Società ha comprato Parola, gran bel giocatore e ottima persona, ma in campo mi ha tolto il minutaggio perché era più forte di me. Ai quei tempi Piero Cerrato era il trascinatore del gruppo, purtroppo è mancato nel ’94 in un incidente stradale. In quei anni facevo il militare a Cuneo, abitavo a Fossano ed, essendo originario di Bra, avevo la casa a metà strada. Ricordo Sandro Musumeci, Riccardo Mammola, Fulvio Ercole, Piero Cerrato e Frank Visconti che trombettavano a qualsiasi ora del giorno e della notte sotto casa mia, nel garage e me li trovavo anche a cena. Tra l’altro Frank Visconti è il padre di Riccardo Visconti giocatore di Brindisi di Serie A; anche sua moglie giocava in A così come la figlia”.

Qual è stato il tuo compagno più stravagante o particolare che hai avuto?

“Ne ho avuti tanti. Sicuramente Fulvio Ercole era ingenuo nel senso buono; una volta Frank Visconti ha portato la scarpa di sua moglie uguale a quelle di Ercole per convincerlo che era davvero la sua, tra l’altro con 3/4 numeri più piccola, e per poco ci aveva creduto. Poi c’era Lorenzo Marisio che faceva tutto con troppo eccesso: se avesse avuto la testa, poteva benissimo giocare in Serie A. Invece su di me, si ricordano ancora adesso gli avversari con cui ho giocato contro e anche i compagni in allenamento per aver fatto “male” a qualcuno di loro. Ricordo con piacere Italo Sandrone, una persona elegante mai sopra le righe e poi anche il figlio Mauro: lui era giovane e io un giocatore fatto e finito”.

Com’era il rapporto col pubblico alla Comunale?

“Era una Fossa dei Leoni. Il pubblico era spettacolare, impressionante. Gli anni dei campionati vinti avevamo un’arena, era davvero bello giocare lì. Facevamo circa 400 spettatori e i tifosi ostruivano perfino l’ingresso degli spogliatoi e immagina quando gli avversari dovevano chiedere il permesso per entrare in campo”.

Il rapporto con la Città e che cosa ti ha lasciato?

“Fossano l’ho vissuta poco anche se ci abitavo. Dopo i primi due anni, la gente in giro ti riconosceva e ti fermava. Ero molto amico con Beppe Mazza e faceva tutto lui all’epoca. A Fossano mi sono trovato sempre bene e ringrazio la Società che mi ha dato l’opportunità di mettermi in mostra e di non fare più il sesto o settimo giocatore di squadra, perché poi quando il Bra aveva bisogno di me, mi facevano giocare”.

Hai degli aneddoti da raccontare?

“Con Frank Visconti facevo da trampolino alle schiacciate. Frank era una persona particolare e un anno abbiamo giocato forse a Borgomanero, il pullman non sapeva bene la strada e Frank ha chiesto informazioni a un commerciante: Frank ha dato una manata alla serranda, senza farsi vedere dal commerciante e quando il commerciante si è girato, Frank si toccava la testa, pensando che avesse dato una capocciata; mentre il negoziante è andato dentro il negozio a prendere qualcosa per Frank, noi siamo scappati via. Questo lo racconto ancora ai miei nipoti”.